Stiamo parlando di Asuro, un piccolo robot ideato e progettato per conto del Centro Aerospaziale tedesco (DLR) da due giovani tecnici, Robin Gruber e Jan Grewe. Con questo piccolo gioiello composto da 150 parti, si possono mettere in pratica concetti di meccanica, di elettronica, di informatica. La valenza didattica è indiscutibile, non a caso esso rappresenta il ponte dell'asino per gli studenti di robotica presso il DLR. Tutti gli allievi sono coinvolti in adeguati workshop full immersion di carattere pratico per assemblare, saldare e programmare con il PC il loro Asuro. Naturalmente nella scuola e nelle università italiane (fatte le dovute eccezioni), in cui certi modelli e metodologie sono debitamente mantenuti a distanza, ambienti in cui l'attività tecnico-pratica esprime senso di bassezza, poco dignitosa se non destinata agli abietti, non si oserebbe mai sviluppare se non riprendere come era un tempo adeguati percorsi formativi anche di tipo pratico che si concretizzerebbero, e che prenderebbero corpo in un robot minimalista capace di seguire una traccia, di rilevare ostacoli e misurare distanze con sensori ad ultrasuoni.
Oltretutto con una cultura libresca imperante, effimera e in alcuni casi oscurantista, che disprezza la manualità ed esalta in ogni occasione tutto ciò che è "virtuale", non potrebbe essere diversamente. Il risultato finale è quello di tarpare le ali ai giovani, inibire gli stimoli dell'intelletto e la creatività, creare generazioni di buoni a nulla capaci di tutto.
p.s. "virtuale" inteso nell'accezione negativa, e non come estensione della realtà, ma da essa distante.
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