Di ritorno dall'antica Canosa e solo dopo aver salutato Boemondo, il principe senza barba, apprezzo ancor di più la bellezza delle sue rovine, del suo nucleo antico... salvati dall'ingordigia proprio perchè fatiscenti.
Quei tratti di mura ciclopiche, quei brandelli di tufo insignificante, occorre difenderli più di ogni altra cosa.
Fra abbagli e pensieri melanconici, sulla strada mi vengono in mente alcuni versi di Goethe che più o meno riporto così:
"Questa è l'Italia che io lasciai. Pur sempre polverose le vie, pur sempre spennato lo straniero, faccia pure quel che crede.
Lealtà tedesca invano cercai per ogni dove; quì c'è vita e c'è animazione, ma non ordine né disciplina; ciascuno pensa solo a sé, di altrui diffida, è vano, e i reggitori dello stato, anche loro, pensano a sé soli.
Bello è il paese, ma Faustina, ahimè, più non ritrovo.
No, non è più l'Italia, questa, che con dolore lasciai"
da Epigrammi veneziani, Johann Wolfang von Goethe, Venezia 1790
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