Qualche anno fa mio padre si era messo a rovistare nella valigetta delle vecchie foto, non per cercare la sua, cercava quella dello yacht di suo padre e la teresina, il clipper a tre alberi di suo nonno Lorenzo, affondato nel porto di Manfredonia agli inizi del secolo con un grosso carico di legname.
Sin dagli anni venti, o giù di lì, Giuseppe Simone leggendario nostromo nell'adriatico meridionale, era proprietario di una imbarcazione di incommensurabile bellezza, valchiria.
Era un cutter di 11 metri in legno, con la prua slanciata, le vele bianche e la campana in ottone, costruito nei cantieri dell'Istria. Con valchiria era arrivato in Dalmazia, in Istria, nell'Egeo e nello Ionio, soprattutto per i rifornimenti alle truppe di Popsky durante il secondo conflitto, lungo la dorsale adriatica.
Mio nonno morì nel 1964, ma valchiria fu venduta nel 1955 ad un notaio di Roma. Ci voleva molto denaro per le riparazioni, e né mio nonno né i suoi figli potevano permettersi la spesa. Lo vendettero per poche lire, e per lui fu come perdere un'amante. Nessuna barca reggeva il confronto con valchiria. Non seppe mai che fine aveva fatto la barca dei suoi sogni subito dopo la vendita: affondò al largo di Santa Maria di Leuca, e per fortuna l'equipaggio riuscì a mettersi in salvo.
Durante le sue lunghe permanenze sul molo borbonico credeva che in un tramonto dorato, due vele sarebbero spuntate all'orizzonte, e lo scafo di valchiria si sarebbe rivelato ai suoi occhi. Si rassegnò fino alla sua morte. Da allora i suoi figli ed i miei genitori non sono andati più per mare, ma hanno viaggiato sempre in treno e in auto. A me è stata proibita qualsiasi attività marinara.....però, devo dire la verità, ho disobbedito e continuo a farlo nonostante tutto, navigo dal 1995 in quell'oceano che si chiama internet. Conservo ancora i libri di bordo ed una campana in ottone.
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